Renzo Carli - Rosa Maria Paniccia - L'arte frattale di Jeannette Rütsche - Sperya

Jeannette Rütsche - Sperya
The fractal self-development of Jeannette Rütsche - Sperya


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Renzo Carli - Rosa Maria Paniccia

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ANALISI DELLA DOMANDA
Estratto da
Carli R., Paniccia R.M. (2003). Analisi della domanda. Bologna: Il Mulino



(pag. 45)
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..... C'è una regola generale, entro il funzionamento organizzativo: non è possibile realizzare cambiamenti strutturali, senza prima aver preparato ed avviato il cambio culturale che sostiene il funzionamento strutturale. .....
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(pagg. 53, 56-60)
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..... Lo sviluppo di una persona o di un sistema sociale si fondano sulla competenza a trattare con l'estraneo, ad istituire una relazione di scambio con l'altro. .....
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Per istituire un rapporto di conoscenza dell'estraneo, è innanzitutto necessario passare dalla solitudine: quella solitudine che aiuta a riconoscere che, dell'altro, non ne so nulla, che conosco ben poco delle sue esigenze e delle sue aspettative. ..... La diversità dell'altro induce un sentimento di solitudine; non è più possibile usarlo, dentro quei legami prevedibili, consentiti dalla situazione di dipendenza dell'uno dall'altra, dell'utente dall'azienda. Alla solitudine si può reagire in differenti modi; è una posizione scomoda, per certi versi angosciante, fuorviante la pretesa di sapere sempre cosa l'altro vuole da te, o cosa tu vuoi dall'altro, sentendoti legittimato in questa pretesa.
..... metafora della "grande famiglia", orgogliosamente utilizzata da politici, manager, religiosi, leader sindacali. Nella grande famiglia c'è un padre che ha il potere e il prestigio del capo; c'è, sempre, una madre che media i conflitti tra i figli ed il padre, ci sono poi i componenti della famiglia che si adoperano per fare, ciascuno, i propri interessi, per vivere, ciascuno, la propria vita; con l'unico ma cogente obbligo di restare fedeli, di non tradire il sistema familiare, di non mettersi contro di esso. Nella grande famiglia ciascuno è libero di fare gli affari propri, perchè la grande famiglia non ha alcun obiettivo, se non quello di garantire la propria esistenza, ripetitivamente eguale a se stessa. L'importante è non litigare, non avere idee proprie, da diffondere entro il sistema familiare, di fatto garantito nel suo egualitarismo formale dall'autorità suprema del padre. Nella grande famiglia, evidentemente, ci sono rivalità, conflitti, invidie reciproche, sentimenti d'essere alla periferia degli affetti e degli attestati di stima che contano, o d'essere vicini al potere, consiglieri del principe, preferiti, entro dimensioni che nel rinascimento italiano venivano esplicitamente chiamate nepotismo. .....
..... La solitudine è data dal superamento della confusione emozionale che deriva dal mettere negli altri le proprie fantasie, seguendo la sostituzione del mondo esterno con il mondo interno quale modo di funzionamento del sistema inconscio. Confusione che non si supera mai, ma che può essere limitata, man mano che si organizza con il riconoscimento dell'estraneo. La solitudine, quindi, ha a che fare con un riappropriarsi delle proprie emozioni, con il limite della confusione tra sè ed altro. Può essere un'emozione angosciante, in quanto mette un confine tra sè e realtà, pone di fronte alla propria identità emozionata, confronta con l'uso difensivo delle proprie emozioni. Con la solitudine, la realtà si configura quale risorsa con cui confrontarsi entro un rapporto realistico, appunto, non più come parte di sè con cui avere emozionalmente a che fare tramite un'altra parte di sè, difensiva o comunque adattiva entro relazioni familiste collusive. Con la solitudine si può riorganizzare il proprio sistema emozionale, costruendo nuove dinamiche collusive, fondate sulla ricerca e sulla verifica delle simbolizzazioni estranee dell'altro, più che sulla sostituzione, reciprocamente attuata, della realtà esterna con le proprie fantasie. .....
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(pagg. 84-91)

..... Possedere e scambiare sono le due modalità con cui si può strutturare la relazione con la realtà: realtà confusa con le proprie fantasie, nel possedere; riconosciuta come estraneo, nello scambio produttivo. ..... chi è confuso con le proprie fantasie, vive la relazione sociale con la finalità di determinare il comportamento dell'altro, di condizionarlo; oppure, ed è l'orientamento emozionale complementare, di essere guidato, orientato, condizionato. Si tratta del potere dell'uno sull'altro, visto nelle due direzioni di chi esercita il potere o di chi lo subisce, desiderandolo. La relazione di potere, d'altro canto, si scontra con l'impossibilità di realizzare la fantasia che lo sostanzia. Non si può esercitare o subire il potere dell'uno sull'altro, in quanto il potere pretende d'annullare l'altro o se stessi entro la relazione, ma questo annullamento non è possibile. .....
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..... L'urgenza di soddisfare le proprie fantasie, la simbolizzazione degli altri, spesso troppo numerosi ed ostacolanti, quale remora frustrante alla realizzazione del proprio scopo, la paura di non essere all'altezza del compito che ci si prefigge di realizzare, la discrepanza tra situazioni ad elevato prestigio sociale e la loro incomprensione, il rifiuto vissuto se si ascoltano i propri interessi, questi ed altri sono i motivi che possono trasformare una situazione di convivenza in una lotta di potere. ..... Quando la convivenza è fondata sul potere, le relazioni si trasformano in rapporti deliranti, ove l'altro non è visto nella sua esistenza autonoma e portatrice di esigenze altre dalle tue, bensì quale competitore entro una relazione ove gli si attribuiscono le proprie intenzionalità, al fine di farne il nemico da combattere o da sedurre, entro una lotta senza fine. La dinamica del potere è contagiosa. ..... Non sempre c'è modo di sottrarsi alla dinamica del potere. A volte, si deve uscire dalla relazione. ..... A volte, anche questo è impossibile. ..... C'è però un modo per difendersi dall'impotenza: dare senso, tramite il pensiero emozionato, alla situazione. Quindi, evitare la collusione e stabilire relazioni tra gli eventi che si stanno vivendo. ..... Dare senso alle situazioni di convivenza fondate sul potere, significa anche accettare i limiti che la convivenza impone. .....
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..... Alla base della pretesa c'è la fantasia di possedere, di avere tutto per sè, di tenere ogni cosa stretta a sè, quale espressione delirante della paura di perdere, di non possedere nulla, di essere messi da parte, senza che alcuno più si accorga di noi. ..... La pretesa segnala un delirio di possesso, capace di distruggere l'oggetto che si vuol possedere; in grado di distruggere, peraltro, anche il soggetto della pretesa.
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(pag. 99)

..... Non c'è molto che funzioni, a meno che non ci si impegni perchè ciò avvenga. .....
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(pagg. 130-133)
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..... L'altro sbadiglia; io penso: lo annoio. Mia madre mi chiede se uscirò; io penso: non vuole che lo faccia. L'altro mi dice che è nervoso; io esclamo: non è certo colpa mia! Passare da un sistema eliocentrico, in cui gli altri ruotano intorno a me, esistono solo in funzione mia, ad uno nel quale hanno una vita autonoma, pur restando in relazione con me, è uno dei movimenti più complessi che ci riguardi. ..... il nostro compito più interessante, entro un intento di conoscenza, non è immaginare cosa stia pensando l'altro; è, di contro, quello di scambiare i reciproci vissuti al fine di conoscere, entro la relazione, ciò che si sta pensando, ciò che è nelle nostri menti e che viene evocato dalla relazione stessa.
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..... La storia che raccontiamo su di noi, è un prodotto opportunamente mutevole, in rapporto a colui al quale la raccontiamo; diciamo che è una sorta di curriculum, più o meno intelligente, in funzione della nostra capacità di stare in situazione. La nostra identità, di contro, è la capacità che abbiamo di costruire storie, entro luoghi connotati da tempo e spazio specifici, entro relazioni. In altri termini, è la competenza a stare in un contesto, individuarne le risorse, assumervi funzioni, fare scelte, proporre relazioni e prodotti. .....

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(pag. 195)
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..... Si pensi a strutture quali l'impresa familiare, ove il figlio "che si è laureato" subentra al padre nella conduzione dell'azienda. Supponiamo che il figlio pretenda stima, obbedienza, collaborazione, dipendenza dalle sue decisioni, da parte dei "dipendenti" (appunto) che hanno precedentemente collaborato con il padre in nome, allora, delle sue capacità imprenditoriali. E' questo un tema d'attualità, visto che quelle familiari sono la grande maggioranza, tra le piccole e medie imprese nel nostro paese; ..... Se i nuovi imprenditori fondano la loro leadership sulla pretesa, denotano paura, insicurezza nel misurarsi con la competenza a condurre l'azienda, e scambiano il loro ruolo di "figli del padrone" con le qualità necessarie per mantenere alto il coinvolgimento del personale in azienda. .....
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(pagg. 265-266)
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..... il lamentarsi è la componente passiva d'una pretesa fondata su attese che si era abituati a vedere corrisposte, oggi deluse. Esprime il desiderio di possedere l'altro, senza accettare alcuna precisazione su ciò che si vorrebbe avere; soprattutto, senza poter accettare che l'altro esista. Chi si lamenta non sa cosa vuole, non riesce a definire le proprie attese, perchè la fantasia è di possesso totale. Nel lamentarsi, si è presi entro una relazione d'onnipotenza e d'impotenza al contempo, nei confronti dell'oggetto.
Chi si lamenta vorrebbe che fosse l'altro ad intuire, costruire, proporre, realizzare ciò che non si riesce a precisare del proprio desiderio; ..... Quest'attesa è di impossibile gratificazione: la non definitezza concerne una confusione emozionale interna, che non può risolversi con una risposta di altri, ai pretesti del lamentarsi. ..... Parlando ad un terzo, non si corre il rischio d'un confronto con l'oggetto del proprio desiderio, non ci si avventura in una possibile contrattazione, ove le ragioni di entrambi possono essere confrontate e discusse, per arrivare ad un rapporto gratificante. Il lamentarsi è un atto di denuncia unilaterale, che immerge chi lo fa entro emozioni di rabbia, abbandono, persecutorietà, ingiustizia, emarginazione, presenti a dismisura nel vissuto di chi si lamenta, sino ad assurgere a dimensioni infinite, assolute. Di conseguenza, può assumere le connotazioni di una vera e propria invasione emozionale allagante, insopportabile per il terzo coinvolto. .....

Immagini pubblicate in questo sito © Jeannette Rütsche - Sperya, Milano
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