Cristina Trivellin - Set 2005 - L'arte frattale di Jeannette Rütsche - Sperya

Jeannette Rütsche - Sperya
The fractal self-development of Jeannette Rütsche - Sperya


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Jeannette Rütsche - Sperya
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Cristina Trivellin - Set 2005

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CRISTINA TRIVELLIN
Settembre 2005



Sperya: viaggio alle origini della creazione

Artista - nell'accezione classica e un po' anacronistica del termine - è colui che "usa" la materia: plasma, modella, fonde, compone, assembla, taglia. Tocca.
Jeannette Rütsche, Sperya, la materia la penetra, la oltrepassa virtualizzandola, cercando di mostrarne la più intima essenza. Non è semplice parlare del suo lavoro. Occorrono conoscenze pregresse, scientifiche, matematiche, ma soprattutto occorre il contatto con quell'energia rinnovatrice che oggi dovrebbe permeare tutte le forme di conoscenza. Occorre porsi nel punto in cui la scienza si fa filosofia e il pensiero razionale, che ha condizionato lo svolgersi della storia, lasci spazio alla percezione unitaria del tutto, alle infinite interazioni che fanno della realtà fisica e metafisica un tutt'uno, dove macro e micro si scoprono frutto della stessa unità e i paletti del sapere siano messi in relazione per formare infinite, possibili verità. Specchi multiformi che riflettono una, più semplice, Essenza.
La geometria frazionaria è il punto da cui parte la ricerca artistica di Jeannette: una geometria utilizzata per studiare il comportamento dei fenomeni naturali complessi non misurabili in termini euclidei. Si tratta, in sintesi, di funzioni matematiche composte da calcoli complicatissimi e lunghi, resi veloci e applicabili grazie a computers sempre più potenti. L'artista si concentra nel punto di intersezione tra matematica, informatica e creatività, dove quest'ultima è la reale protagonista. Il frattale viene spezzato e prende a lavorare su se stesso: da questa frazionarietà si arriva ad una molteplice unità.

"Pensare l'infinitamente piccolo, perdersi nell'origine della vita....." Ipotesi affascinante, resaci evidente dal lavoro di Jeannette. Quello che si vede e si percepisce con lo sguardo è uno svolgersi di linee sinuose, fitomorfe, biomorfe, talvolta antropomorfe, colori suadenti e figure ipnotiche. Ma alla fine tutto si fa metafora di altro, pre-testo. E proprio di pretesto si parla perchè Jeannette Rütsche passa dalla forma al verbo in un reiterare di significati. Le sue "descrizioni poetiche" sono profonde riflessioni esistenziali sul cammino dell'uomo/donna, sul viaggio verso l'individuazione, l' identificazione dell'Io con il Tutto, passando attraverso la divisione. Passando attraverso il riconoscimento dei lati oscuri con il loro aspetto antitetico, luminoso. E soprattutto, passando attraverso il percorso esistenziale dell'artista, la quale distilla e sublima alchemicamente ogni pensiero dalla contrazione di tanta vita vissuta, di viaggi iniziatici, emozioni, isolamento.
Fractus: dal latino rotto spezzato, infranto. Figura geometrica in cui un motivo identico si ripete su scala continuamente ridotta. E' il tentativo di spiegare la complessità svincolandosi dall'errore eterno della dualità soggetto-oggetto, uomo-cosmo. Riuscire a visualizzare questi strani oggetti matematici e associarli a forme presenti in Natura, scrive Tommaso Terragni
(1) - ha determinato il successo di questa associazione: sembra quasi svelare un progetto segreto che un'entità superiore abbia realizzato per via matematica creando la Natura.

Quello che Jeannette Rütsche ci permette di scoprire attraverso l'uso artistico della geometria frazionaria, è la concezione di un universo che abbraccia tutte le dimensioni, e soprattutto fa da ponte tra esse. La forza che trasmette ricorda quella forza poetica che con tanta veemenza poneva William Blake contro l'universo Newtoniano; il luogo dove l'immaginazione poetica permette di cogliere l'unità cosmica rifiutata al mondo materiale, il mondo in un granello di sabbia.
Il risultato estetico di questa ricerca è seducente: nelle opere più recenti l'artista ci conduce in un mondo caleidoscopico di forme e colori: opere come "Imaginaria" ci invitano a perderci nel dedalo dell'infinito snodarsi delle linee, ad libitum, per rubare un termine alle partiture musicali. Altre, come "Specchio", o "I gusci", esaltano i valori di superficie, dove comunque la percezione dei varii elementi non è simultanea, ma chiede allo sguardo un tempo, una scansione emotiva. "Decentramento", "Senza voce", opere invece silenziose e dalla forte valenza meditativa e introspettiva. Specchi in cui invece si avverte qualcosa che ritorna, e che, in luogo di invitare ad entrare, fanno da sbarramento, con un "effetto di rimando" sul fruitore.
Pensando alla creatività e al modus operandi - in senso intellettuale - di Jeannette Rütsche, penso a Pierre Restany, alla sua attenzione al movimento delle idee e all'auspicio per il rinnovamento delle facoltà umane: assonanza che vorrei sottolineare citando un brano tratto dal Manifesto del Naturalismo Integrale: (...) oggi viviamo due sensi della natura: quello ancestrale del dato planetario, quello moderno della esperienza industriale e urbana. ma l'importante è che entrambi questi due sensi della natura siano vissuti e assunti nella integrità della loro struttura ontologica, nella prospettiva di una universalizzazione della coscienza percettiva, di un Io che abbraccia il mondo e si fa uno con lui, nell'armonia della emozione assunta come realtà finale del linguaggio umano
(2).(...)
Credo che Jeannette "senta" tale pensiero in modo intenso e che la linea del suo lavoro si ponga in questo solco, incarnando così la figura - a mio avviso ideale - di artista contemporaneo, immerso nella propria epoca tecnologica, contaminato attivamente da essa per poterla poi oltrepassare, lasciando che sia sempre e solo l'umano indirizzo a cercare il grado successivo di evoluzione.


Cristina Trivellin
(critico d'arte)


1 Tommaso Terragni, Introduzione ai frattali, www.miorelli.net/frattali/introduzione
2 Pierre Restany, Manifesto del naturalismo integrale - Rio Negro, 1978

Immagini pubblicate in questo sito © Jeannette Rütsche - Sperya, Milano
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