Guido Roberto Saponaro - Nov 2019 - L'arte frattale di Jeannette Rütsche - Sperya

Jeannette Rütsche - Sperya
The fractal self-development of Jeannette Rütsche - Sperya


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Guido Roberto Saponaro - Nov 2019

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GUIDO ROBERTO SAPONARO
Novembre 2019



Piccoli passi


Conosco Jeannette Rütsche dal 2005, siamo amici.  In questi ultimi anni, ho approfondito la conoscenza della sua ricerca artistica che trovo estremamente interessante e utile.  


Le opere di Jeannette sono delle rappresentazioni frattali della sua esperienza sulla vita e sulla comprensione della realtà del mondo che ci circonda. La prima cosa che ha attratto la mia attenzione è la scelta della tecnica, il linguaggio di comunicazione delle sue opere, i frattali. Al di là delle immagini suggestive che sono create da queste “interazioni di formule” (di cui Jeannette prova di avere una grandissima padronanza), nelle sue opere non c’è mai un unico punto di osservazione, un inizio o una fine. Volgendo lo sguardo in direzioni diverse nelle sue opere, l’impressione è come quella di assistere a dei movimenti, a una luce che si trasforma continuamente sullo sfondo di uno spazio vuoto. Un altro aspetto da notare nell’estetica delle sue opere è che nel corso degli anni le forme rappresentate dei frattali diventano sempre meno riconoscibili in forme ‘note’. Sebbene tutte le sue opere (tranne le ultime) siano accompagnate da un commento in forma di testo, credo che l’utilizzo dei frattali le abbia consentito di liberarsi dai vincoli del linguaggio per creare una modalità di comunicazione più ’spontanea’ verso lo spettatore.
Cosa raccontano le sue opere? Ci sono svariati temi. Uno dei più interessanti, a mio avviso, è sicuramente l’esplorazione di come funziona il cervello, il motore delle nostre azioni: è la mente che produce i nostri comportamenti. In base a cosa? A sua volta, la mente è modellata (condizionata) sia dall’interno che dall’esterno. I nostri valori, le esperienze che facciamo, le persone che frequentiamo, i posti che visitiamo, tutto contribuisce a influenzare il nostro modo di agire.

Apro una parentesi. Cosa c’è di diverso tra la nostra mente di homo sapiens e quella degli animali? La nostra mente ha una capacità di astrazione, ovvero immaginare cose che non esistono nella realtà. Non dilungandomi, pare sia stata proprio questa capacità a portare l’uomo da essere vivente gracile a essere l’animale sulla terra più potente, nonostante ce ne siano altri fisicamente molto più forti. In particolare, la capacità di immaginare, raccontare storie, ha consentito ai Sapiens di creare modelli di società, di commerciare e in generale di cooperare al loro interno meglio di qualsiasi altro essere vivente.
Altro aspetto importante: questa capacità di astrazione consente all’uomo di avere consapevolezza di se stesso, in una parola, quello che chiamiamo “Ego”. L’ego è pure un’astrazione per indicare quello che gli altri rispecchiano dei nostri comportamenti e la percezione delle esperienze che facciamo (quello che pensiamo di essere). Avere una consapevolezza di sé porta l’individuo a creare mentalmente una separazione tra se stesso e la realtà che lo circonda. Questo dualismo - molto in breve, il tema è complesso - è alla base di tante conseguenze. Quella più rilevante è che l’uomo ha iniziato a sentirsi superiore alla natura, ha sentito di essere capace di ‘controllarla’. Nasce così l’agricoltura e tutto quello che si riassume in quello che oggi definiamo come la ‘civiltà’. La civiltà non è altro che tutti i meccanismi sociali, economici, politici, culturali che caratterizzano gli esseri umani a partire dallo sviluppo dell’homo sapiens. Chiusa parentesi.

Nelle sue opere Jeannette racconta di quello che ha potuto osservare e studiare, approfondisce i meccanismi di come funziona la mente e come tale modo di operare in rapporto al mondo che ci circonda porti alla creazione di tantissimi condizionamenti nel nostro cervello, ovvero determini delle risposte comportamentali rispetto alle situazioni.
La domanda è quindi: cosa c’è dietro tutti questi strati di condizionamenti? La mente unitaria.  Si tratta cioè di quella capacità che consente agli animali, alle piante, di sapere sempre cosa fare, come farlo, quando, dove etc.. Più semplicemente, quello che chiamiamo per gli esseri viventi: intelligenza, cioè sapere come vivere. Su un livello più ampio, l’intelligenza si riflette poi nella capacità di adattamento e sopravvivenza delle specie. In questo senso, quindi, anche le piante hanno una loro intelligenza, molto diversa da quella degli esseri umani. Pensate che sia facile per un albero vivere due-trecento anni (o per i pini dai coni setosi, quattro-cinquemila) rimanendo sempre fermi in un posto?
Tornando a noi, esseri umani: la mente unitaria è quella capacità intuitiva antica che ci permetteva di vivere bene anche quando non c’erano tante cose che abbiamo inventato nel corso dei secoli: prima della tv, prima della ruota, prima dell’invenzione del linguaggio o dei numeri, quando cioè gli uomini e le donne erano dei cacciatori-raccoglitori, ovvero passavano 3-4 ore al giorno a procurarsi da mangiare cacciando animali oppure raccogliendo frutta, radici spontanee e avendo per il resto, tanto tempo libero.
Giornata tipica di una persona con un reddito medio che vive oggi in un paese occidentale: sveglia alle 7, lavoro 8 ore al giorno, spesa al supermercato, cena e, se avanza tempo, due tre ore per leggere, palestra, amici o famiglia. E poi, c’è il fine-settimana libero (più o meno). In un paese in via di sviluppo, le condizioni sono peggiori.

Nella sua ricerca Jeannette riscopre l’antica filosofia cinese del taoismo che affonda le sue radici nella storia millenaria della Cina e trova le sue più influenti formalizzazioni tra il VI e il III secolo a.C.. Si tratta di una filosofia che va alle radici dell’Uomo e che non si esaurisce nella pura attività teoretica, ma punta al recupero concreto nella vita quotidiana della naturalezza originaria nell’unitarietà di corpo-mente. Ne so (ancora) troppo poco per poterne parlare, ma ho capito due cose: 1) gli esseri umani fanno parte della Natura 2) per vivere bene, devono, quindi, ritornare a vivere in armonia con la Natura, con un profondo cambiamento interiore.
Sul primo punto. E’ ormai condiviso anche dal “mondo scientifico” che l’uomo è come gli animali, le piante e tutte le cose che appartengono alla natura (rocce, oceani, acqua, etc.) o le cose che creiamo, nient’altro che una combinazione in forma diversa di atomi e molecole. Forme che si sono create in milioni di anni seguendo dinamiche completamente caotiche e complesse. Forme che si trasformano in un movimento continuo. I recenti studi del cosmologo Hawking e prima ancora la celebre teoria di Einstein che mette in relazione materia ed energia, parlano chiaramente di un’unica energia “cosmica” che muove in forme diverse tutte le cose, compreso lo stesso universo nel quale ci troviamo.
Sul secondo punto, la questione è più complessa e forse oggi apparentemente più urgente che in passato.

Apro un’altra parentesi: la storia dell’umanità relativa agli ultimi diecimila anni ha moltissimi esempi di come importanti civiltà si siano estinte perché l’uomo ha consumato tutte le risorse a disposizione a tal punto da non essere più in grado di sopravvivere. E’ successo agli egiziani, alla civiltà mesopotamica, ai vichinghi, agli aztechi, etc. Oggi si dice che viviamo nell’epoca dell’antropocene, cioè un’epoca geologica in cui le cause principali delle modifiche del nostro ecosistema sono causate dall’attività dell’uomo. Viviamo immersi nella civiltà, non è pensabile oggi di fare la vita dei cacciatori-raccoglitori. Tutti gli aspetti della vita sono regolati da delle leggi, codici culturali, sociali, economici e tecnologie che appartengono al territorio dove viviamo. Ogni uomo svolge un’attività che è interconnessa con quella di altri uomini per cui non si è auto-sufficienti per procurarsi da soli da mangiare e dormire. Abbiamo bisogno di andare al supermercato, di avere una casa che abbiamo in affitto o di cui siamo ‘proprietari’ (in natura non esiste la proprietà). Abbiamo bisogno di un lavoro, dove trascorriamo generalmente la maggior parte del tempo e che ci consente di guadagnare uno stipendio che spendiamo prevalentemente per vivere in questa realtà che ci siamo costruiti e anche per coltivare i nostri interessi, nel poco tempo libero che ci resta a disposizione.
Molti dei comportamenti più evidentemente negativi (leggasi: vizi) che abbiamo oggi nascono proprio dal nostro stile di vita, caratterizzato spesso da una incapacità di ‘sopportare’ questo modo di vivere che non è coerente con la nostra natura originaria: alcol, droga e altre dipendenze varie, solo per fare qualche esempio tra i più noti e facili da comprendere.
Siamo nel ventunesimo secolo, immersi in una cultura digitale dove gli uomini sono dipendenti dalla tecnologia al punto da avere in alcuni casi più fiducia in questa che in se stessi, siamo immersi in questo stile di vita “artificiale” (leggasi come opposto a “naturale”). In un momento in cui sono sempre più visibili gli effetti del surriscaldamento climatico e lo sfruttamento delle risorse del pianeta, anche nella nostra vita di tutti i giorni, si ha la presunzione di pensarci capaci di far fronte a questi cambiamenti, con altra tecnologia, altri interventi che finiscono per peggiorare la situazione. Quanto inquina la batteria di un’auto elettrica? Quali sono le condizioni di chi lavora nelle miniere delle “terre rare” dove si estraggono i lantanoidi che servono per la produzione dei nostri smartphone? Quanto inquinano? In questo momento si sta valutando come soluzione al surriscaldamento climatico di lanciare milioni di tonnellate di polvere di carbonato di calcio nella stratosfera per bloccare parte dei raggi solari (da notare che la ricerca è finanziata da Bill Gates).
Pensate al transumanesimo, cioè alla volontà dell’uomo di andare al di là delle sue caratteristiche biologiche chiedendo aiuto alla tecnologia per trasferire la propria memoria su un hard-disk, dotarsi di capacità aumentate e infine anche per superare la morte con il congelamento del cervello. Per quanto possano sembrare idee strane, oggi molti di noi passano comunque gran parte della giornata davanti a un computer e quasi tutti possediamo uno smartphone.
La situazione attuale porta ad avere degli elementi per pensare di essere vicini alla sesta estinzione di massa del nostro pianeta, probabilmente provocata proprio dagli esseri umani. Precisazione: probabilmente non finirà la vita sulla Terra, finirà solo quella degli esseri umani. La Natura, l’universo semplicemente non possono estinguersi, proprio per quanto dicevo prima, solo continua trasformazione. Non esiste possibilità di prevedere questo tipo di eventi, ma quello a cui assistiamo oggi ci lascia pensare che questo scenario non sia cosi inverosimile.
Il punto è semplice: quella che chiamiamo natura, universo o come si vuole, è un sistema caotico e complesso che non ha tempo. Nelle interazioni all’interno di questo sistema si sono sviluppate le costellazioni, il sistema solare, la terra e gli stessi esseri umani in miliardi di anni. A volte è utile avere un po’ di prospettiva: pensate sia semplice per un pianeta come la terra girare tutti i giorni intorno al sole? Sapete quante interazioni stanno avvenendo all’interno del vostro corpo semplicemente mentre leggete questo testo? Miliardi di miliardi, assai.
Abbiamo molta fiducia nella scienza che di base non è che la codifica dei fenomeni naturali grazie alla nostra capacità di astrazione, ma non si deve dimenticare: 1) i limiti che derivano proprio dalle nostre limitate possibilità di misurazione, 2) il fatto che la misurazione è essa stessa un’interazione con quel fenomeno naturale (principio di indeterminazione) e in ultimo 3) il fatto che per quanto abbiamo dei buoni PC, siamo abituati a studiare i fenomeni in modo singolo e ogni secondo avvengono tanti miliardi di interazioni (tra le poche che conosciamo e il resto) che misurarle tutte insieme è, fortunatamente, impossibile.
Non basterebbe una vita a parlare di questi temi, ma quanto ho esposto sopra è solo per raccontare in breve la condizione in cui viviamo oggi. Chiusa parentesi.

Tutta questa “breve” premessa sopra per dire che le opere di Jeannette sono ispirate proprio al racconto di un viaggio “di ritorno”, una direzione diversa da quella raccontata sopra. Si tratta di un percorso estremamente complesso. Per avere un’idea, pensate a quanto banalmente ci è difficile a volte cambiare una sola abitudine. Si tratta di uno sforzo notevole: smontare tutti i propri condizionamenti, ‘smascherare’ tutto l’artificiale che c’è nei nostri comportamenti, andando a estirparne le cause che li generano o, quanto meno, riuscendo ad averne costante consapevolezza. E’ un percorso che si può compiere accompagnati da quella che i taoisti chiamano la “donna gialla”, ovvero l’intenzione sincera: la volontà individuale che va al di là di ogni convinzione o motivazione esterna.
Non credo ci sia un punto di arrivo, non è importante, ma - per quello che ho capito - si diventa in qualche modo “liberi”. Virgoletto questa espressione perché credo che il termine si sia sporcato di tanti significati molto diversi da quello che intendo in questo momento, per cui è facile essere fraintesi. Per dirla più semplicemente, si vive meglio. Altra precisazione: non vi è una ricetta, in qualche modo ognuno ha la sua, cosi come la tartaruga ha il guscio e gli uccelli hanno le ali e ognuno dei diecimila esseri viventi è a suo modo unico e diverso.

Io sono immensamente grato a Jeannette per darmi la possibilità di scoprire questa ricerca così straordinariamente ampia e profonda e della quale sento di conoscere ancora così poco. Per me è come un gioco, un po’ come fare l’archeologo, ma la cosa bella è che non si tratta di scavare per trovare rovine di civiltà estinte, si tratta di scoprire chi siamo e la realtà che ci circonda. Trovo affascinante il fatto che Jeannette abbia ritrovato dei testi cinesi antichissimi che contengono risposte profonde ai quesiti di sempre e cosi forti analogie con ‘cose’ ri-scoperte solo molto di recente, solo per fare un esempio, la fisica quantistica ma anche l’inconscio.
Al di là della teoria (e della possibilità di applicazione pratica), la ricerca offre una eccellente chiave di lettura per conoscere e spiegarci molto del male di vivere di oggi o di tante cose che ci succedono nella vita di tutti i giorni. Da alcuni anni ho scelto di collezionare alcune delle opere di Jeannette. Al di là del significato di ciascuna opera, la collezione ha per me un messaggio di profonda speranza: significa sapere che, al di là di chi siamo o qualsiasi sia la nostra provenienza ed esperienza, ci sono tante centinaia di centinaia di piccoli passi che si possono compiere per vivere meglio. Ognuno di noi ha a disposizione delle scelte in ciascun istante della propria vita e, con un’intenzione sincera, si possono compiere le scelte “giuste” per fare alcuni di questi passi.


Guido Roberto Saponaro
(collezionista)

Immagini pubblicate in questo sito © Jeannette Rütsche - Sperya, Milano
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