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FRANCESCA BIANUCCI
Settembre 2013
Non è semplice condensare in un breve testo la ricerca artistico-filosofica di Jeannette Rütsche Sperya e quella ricchezza di contenuti e di stimoli offerti alla riflessione, rappresentati appieno in questa mostra personale ospite dello storico Museo Diocesano di Mantova.
La prima considerazione che nasce osservando le opere dell’artista è l’insufficienza delle tradizionali categorie di lettura per decodificarne il senso; insufficienza che induce a cambiare prospettiva, a scardinare la logica usuale di analisi e a superare i propri limiti cognitivo-razionali per sperimentare un inedito approccio alla visione. Le opere di Sperya non si inscrivono nelle controversie, talvolta artificiose, del dibattito artistico ma proprio per questo sono autentiche e da leggersi con sguardo rinnovato. Opere che raccontano di una vita fattasi arte, di un percorso esistenziale consapevole della propria lucida libertà.
Cittadina del mondo per nascita e vocazione, Jeannette, da sempre, interroga se stessa e la realtà con innata curiosità e sguardo limpido e rigoroso, pronta a mettersi in gioco costantemente, perché convinta che la sola crescita possibile risieda nel cambiamento.
Sin da giovanissima sperimenta le infinite potenzialità insite nella multiculturalità, percorrendo le strade del mondo geografico e antropologico, sempre con occhi spalancati e cuore aperto, pronta ad accogliere nuovi stimoli e nuove esperienze. Parallelamente a una mai interrotta ricerca filosofico-esistenziale, Jeannette sperimenta diverse forme espressive, nelle quali prende corpo e anima Sperya, il suo mondo interiore.
L’utilizzo, a partire dal 1999, della geometria frazionaria come veicolo di espressione artistica è un passaggio naturale del suo percorso: da sempre affascinata dal linguaggio matematico, trova nell’infinita flessibilità probabilistica del frattale l’ideale mezzo per dar corpo e forma alla illimitate sfumature del suo messaggio.
Il suo vissuto è fatto visione in un lavoro nomade, cresciuto grazie a un senso di libertà mai retoricamente esercitato, attuato scelta dopo scelta come confronto limpido con la realtà. L’artista nulla concede al piacere decorativo dell’opera, si interroga, piuttosto, sulla sostanza del mondo, offrendoci l’emozione di uno sguardo pensante.
Nelle sue opere, il segno torna alla sua primitiva essenzialità, facendosi narrazione primaria del mondo attraverso le sue forme originarie. Geometrie e colori si compongono in opere che sono sintesi e decantazione del vissuto dell’artista. Racconti, quelli di Jeannette Sperya, delineati da un uso del colore che appare come declinazione infinita della luce. Luce, appunto, che è segno reiterato e cifra espressiva della sua arte e che dilata lo spazio oltre i ristretti confini dell’opera facendo presagire qualcosa al di là di essa.
Un altrove che ogni singolo osservatore si sentirà sollecitato a cercare.
Francesca Bianucci
(Curatrice di eventi d’arte - pubblicato sul catalogo della mostra personale di Jeannette Rűtsche - Sperya IL RITORNO INVISIBILE, Mantova 2013)