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Angela Vettese
E' una storica dell'arte e storica della filosofia italiana, docente e curatrice.
INTRODUZIONE
Estratto da
Vettese A. (1998, 2001). Artisti si diventa. Roma: Carocci editore
(pag. 10)
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..... Nelle parole del Guerrilla Art Action Group, è presente un'autodenuncia che induce a riflettere e che riassume un preciso malessere .....:
Attraverso la produzione di un bene di consumo artistico, l'artista è diventato un uomo d'affari. Per commercializzare la sua merce e aumentarne il valore di mercato deve creare una mistica su se stesso e sul proprio lavoro. La galleria è il mezzo attraverso cui questa merce viene distribuita. Il museo ha la funzione di santificare sia questo bene di consumo sia l'artista. Il collezionista è lo speculatore di questi titoli. I mecenati utilizzano questa merce come modo per santificare e igienizzare la propria immagine. Le riviste d'arte sono giornali specializzati, cronache finanziarie del mondo dell'arte. E la critica ha la funzione di mantenere tutti questi poteri.
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COME PERLE DI UNA COLLANA: SULLE PAROLE "ARTE" E "ARTISTA"
Estratto da
Vettese A. (1998, 2001). Artisti si diventa. Roma: Carocci editore
(pagg. 20-21)
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..... "quale artista ha successo?" ..... qualsiasi artista ha successo purchè ritenga di averlo: quando è appagato da ciò che ha e non dilaniato da ciò che non è in grado di raggiungere. I problemi cominciano a sorgere quando il livello di aspirazione non coincide con quanto si è ottenuto, quando cioè subentra la frustrazione per sentirsi meno noti di quanto si meriterebbe e addirittura volutamente ignorati. Questo comune vittimismo denuncia un'insoddisfazione spesso dolorosissima sul piano soggettivo, ma non del tutto giustificata dai fatti. Qual è, infatti, il gruppo di potere nel riconoscimento che l'artista irrisolto immagina unitario, onnipotente, spesso corrotto e capace di distribuire allori giustificati o, più spesso, del tutto immeritati? Quello internazionale o il solo circuito nazionale? Quello che include gli Stati Uniti o quello che guarda all'Europa? Quello reclamizzato dalle riviste a tiratura più alta o quello delle pubblicazioni d'avanguardia? .....
Risulta sempre più evidente che l'arte contemporanea è un terreno assolutamente scivoloso: tollera solo decisioni e giudizi di carattere empirico, in attesa che i tempi lunghi decretino cosa passa e cosa non passa alla storia. Nessun criterio che non sia personale può mai darsi a priori e quindi nessun lamento riguardo, appunto, al mancato successo, può mai dirsi pienamente giustificato.
LA CONQUISTA DELLA LIBERTA' CREATIVA
Estratto da
Vettese A. (1998, 2001). Artisti si diventa. Roma: Carocci editore
(pag. 31)
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..... Come la filosofia ha gradualmente abbandonato le competenze in fatto di fisica, chimica, medicina e più tardi di psicologia, così l'arte visiva ha perso molte delle funzioni che le erano state attribuite: quella di veicolo per l'educazione religiosa o per lo svolgimento di riti; quella di propaganda, sostituita dai mezzi pubblicitari di più rapida presa come quelli ospitati dalla stampa e dalla televisione; quella di intrattenimento, delegata a spettacoli in movimento più che a immagini fisse e soprattutto al cinema; quella documentaria, sia nel campo della cronaca sia in quello delle descrizioni scientifiche, pressochè completamente assorbita dalla fotografia; quella della decorazione, sempre più assolta dal design o comunque da prodotti industriali e massificati.
Così come alla filosofia sono rimaste le domande fondamentali sull'esistenza, quelle che vengono formulate in maniera tanto più generale quanto meno eludibile, alla stessa maniera l'arte visiva ha conservato la sua capacità di tradurre il pensiero in immagini o quantomeno di dare visibilità in tempi rapidi allo spirito di un'epoca, a rivolgimenti di mentalità e desideri che, per giungere a un alto grado di consapevolezza all'interno di vaste fasce sociali, richiedono molto tempo; a volte anche decenni o generazioni rispetto a quelle che, da principio, appaiono solo "trovate" degli artisti. ..... è proprio la libertà da ogni vincolo di committenza a consentire agli artisti più acuti di capire e precorrere i tempi.
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LA MOTIVAZIONE AL FARE ARTISTICO: LA DOLCEZZA DEL FLOW
Estratto da
Vettese A. (1998, 2001). Artisti si diventa. Roma: Carocci editore
(pagg. 67-68)
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Indagini recenti hanno sottolineato in maniera decisa l'importanza della "motivazione intrinseca" alla creatività: esisterebbero persone che si dedicano all'attività creativa più per il piacere che ne traggono che in vista di possibili gratificazioni esterne, le quali sembrano addirittura potere essere controproducenti. Il piacere della creazione artistica o scientifica è probabilmente legato al comportamento esplorativo della prima infanzia. E' stato notato che i bambini più creativi sono quelli la cui madre, pur fornendo una base affettiva sicura, non interferisce nell'interazione dei loro figli con l'ambiente il quale, a sua volta, deve essere ricco di stimoli.
..... Un'ipotesi suggestiva è quella secondo cui le gratificazioni che appagono maggiormente un artista non siano solo quelle legate al riconoscimento, quanto quelle connesse al fare artistico. Una delle esperienze più gradevoli che possano essere provate è quella che è stata definita flow, che può essere esperita nello svolgimento di qualsiasi attività lavorativa o sportiva, ma che è legata in modo peculiare all'ambito della creatività. E' la condizione particolarmente piacevole di essere totalmente immerso in un'attività che si svolge in modo fluido (di qui la denominazione), e che non ha bisogno di uno sforzo di concentrazione perchè viene da sè come l'atto del respirare. L'esperienza temporale è completamente distorta: il tempo passa senza che la persona se ne accorga, lo stato di coscienza è talmente assorbito nell'attività che si sta svolgendo che ogni guaio viene temporaneamente dimenticato. Un attore in scena, uno scalatore sulle rocce, un giocatore al casinò, uno sciatore sulle nevi possono trovarsi in questo stato, indipendentemente dai risultati che potrà avere l'azione in via di compimento. .....
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LA FORMAZIONE
Estratto da
Vettese A. (1998, 2001). Artisti si diventa. Roma: Carocci editore
(pag. 92)
..... Paul Cézanne sembrò lungamente privo di talento persino al suo amico carissimo Emile Zola. Paul Gauguin non ebbe mai una formazione artistica regolare, avendo fatto il marinaio e l'uomo d'affari prima di scegliere la via della pittura, e avendo studiato l'arte dei suoi colleghi più sui quadri che si potè comperare come collezionista che sui banchi di scuola. Lo stesso Paul Signac, del resto, che come padre del divisionismo fu anche un grandissimo tecnico, dichiarò che "più della tecnica, sono le qualità emotive a fare il vero artista" ..... . Rispetto ai giovani che decidono di abbracciare la strada artistica, dunque, c'è da chiedersi se gli studi basati quasi soltanto su queste abilità, come i normali licei artistici, abbiano ancora un senso; come scrisse Kandinskij già nel 1909: "Non sono necessarie l'anatomia e affini, ma la totale, incondizionata libertà dell'artista nella scelta dei suoi mezzi" ..... .
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VERSO IL RICONOSCIMENTO
Estratto da
Vettese A. (1998, 2001). Artisti si diventa. Roma: Carocci editore
(pag. 115)
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..... Si calcola che negli Stati Uniti circa 200.000 artisti vivano del proprio lavoro, ma solo trecento circa riescano a entrare nel mercato secondario, cioè i loro quadri abbiano vendite successive alla prima, in una serie di passaggi che crea un vero mercato e stabilisce delle quotazioni affidabili. Solo una minima parte, non più di un centinaio all'anno, riceve l'invito per una mostra collettiva importante e non più di una decina l'anno sono coloro che hanno buone probabilità di entrare a far parte, anche se provvisoriamente, delle cronache artistiche. Quanto a un riconoscimento duraturo le probabilità si riducono in modo drammatico.
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IL RAPPORTO CON IL GRANDE PUBBLICO
Estratto da
Vettese A. (1998, 2001). Artisti si diventa. Roma: Carocci editore
(pagg. 146-149)
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Anche a causa della scarsa qualità del giornalismo d'arte contemporanea sui grandi mezzi d'informazione e soprattutto nei programmi televisivi, il vasto pubblico manca completamente di strumenti di giudizio. Poichè ancora si reputa che l'arte debba essere alla portata di tutti, si tendono a privilegiare la pittura e la scultura meno innovative. Si ritiene che ogni "vera" opera debba dare "un'emozione" a chiunque, al di là di ogni mediazione culturale. Si accetta di buon grado di non riuscire a cogliere la bellezza di una formula matematica o a comprendere le meraviglie del cosmo senza una preparazione adeguata, ma si considera l'arte un campo aperto a qualunque occhio. E non c'è nulla di cui di solito si vada fieri come del proprio gusto istintivo, nell'abbigliamento, nell'arredo o nel giudizio di un'opera d'arte, senza riflettere sul fatto che questo "gusto istintivo" è in realtà il frutto di una base culturale ben precisa e che di solito è piuttosto conservatore: fondandosi sul già visto e apprezzando soprattutto ciò che riecheggia dei dati della propria formazione; non si giunge affatto "istintivamente" ad apprezzare le forme decisamente innovative.
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..... Si dice spesso che le opere del nostro tempo richiedono troppa competenza specifica, raccolta nelle interviste con l'artista e nelle introduzioni dei critici. Si dimentica quanto studio occorra per apprezzare davvero l'arte antica o quella delle culture più lontane.
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..... mentre per alcuni settori (sport, politica, spettacolo) l'alta visibilità è determinante e viene continuamente ricercata per ottenere consensi, per gli artisti visivi può anche essere controproducente e bruciare un talento: se l'artista è un anticipatore del gusto, il fatto che incontri presto la preferenza del grande pubblico dovrebbe metterlo in sospetto sulla qualità del suo lavoro. .....