Giuseppe Bolotta - Dic 2011 - L'arte frattale di Jeannette Rütsche - Sperya

Jeannette Rütsche - Sperya
The fractal self-development of Jeannette Rütsche - Sperya


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Jeannette Rütsche - Sperya
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Giuseppe Bolotta - Dic 2011

ABOUT SPERYA > Testi critici

GIUSEPPE BOLOTTA
Dicembre 2011



La "Ricerca" artistica di Jeannette Rütsche - Sperya

"La ragione per quanto si affatichi è incapace di conoscere,
la bocca per quanto si spalanchi è incapace di esprimere.
[...] Vi è qualcosa che regge i fili di tutto, ma nessuno ne vede la forma.
Riduce, aumenta, riempie, svuota, ora oscura, ora illumina [...].
La vita sprigiona da qualcosa, la morte ritorna a qualcosa,
principio e fine si oppongono fra loro in un susseguirsi che non ha inizio
- e nessuno ne conosce la fine"
(Zhuangzi)


Il tentativo di "raccontare" il percorso di ricerca artistico di Jeannette-Sperya confligge intrinsecamente con la proprietà saliente della sua produzione: il suo essere assieme immanente e trascendente. Profondamente ancorata alla fenomenologia dell'esperienza umana prima, cosmologica poi, l'arte di Sperya si rivolge al contempo all'impronunciabile, al non verbalizzabile, all'attimo fondativo del sentire e dell'esistere, antecedente il pensiero. Ad una dimensione (a)temporale e (a)spaziale, che condensa in sè la molteplice potenzialità del creare, prima ancora che l'intuizione creativa si traduca in una delle possibili morfologie specifiche.
Le parole sull'arte di Sperya vincolano il suo progetto ad una cornice interpretativa idiosincratica, limitante e parziale, che ne distorce e riduce le possibilità di risonanza. Non si può conferire forma all'acqua senza includerla in un rigido contenitore. Questo testo va inteso come uno fra i possibili "contenitori significanti" gli "oggetti" di Jeannette.
Posta questa avvertenza critica, è certamente possibile individuare una discontinuità oggettiva nell'ambito dell'universo speryano: "L'Ego" (Opere dal 2002 al 2008), "Oltre l'Ego" (Opere dal 2009)".
Tale discontinuità si accompagna ad un percorso di evoluzione e "disillusione" progressiva che conduce l'arte di Sperya ad autonomizzarsi dalla stessa Sperya (e dal suo-nostro "Io") per assumere uno statuto ontologico indipendente dall'autrice e valido universalmente.


"L'EGO" ("RICORDI DA UN MONDO LONTANO")

"L'Io si sente a disagio, incontra limiti al proprio potere
nella sua stessa casa, nella psiche.
[...] Appaiono improvvisamente pensieri di cui non si sa donde provengano;
e non si può far nulla per scacciarli.
[...] Lo psichico non coincide affatto in te con ciò che ti è cosciente […]
L'Io non è padrone in casa propria"
(Sigmund Freud)


Il mondo lontano che le opere di Sperya restituiscono alla coscienza, è un dominio del reale, e del mentale, innanzitutto inconscio. Un mondo invisibile e criptico, che si esprime secondo dinamiche complesse, non lineari, "frattali". L'impossibilità di accedervi è condizione fondante e costitutiva dell'Io, dell'illusionale senso di auto-padronanza che caratterizza l'individuo occidentale, e in un'ultima istanza del soggetto, convenzionalmente incasellato nelle norme collettivamente riconoscibili del sociale.
Sigmund Freud concepiva l'inconscio come un serbatoio psichico di processi mentali, paure, conflitti istintuali e desideri inaccettabili, il cui contenuto non si manifesta a livello cosciente, pena la disgregazione dell'equilibrio psichico del soggetto e del suo rapporto con la realtà. La psicoanalisi individua nel sogno, nel mito, nel sintomo, e appunto nell'arte, i veicoli trasfigurati di quegli aspetti dell'animo umano che non trovano possibilità d'espressione secondo codici logico-razionali.
Opere come Spettro, Dualismo, L'ignoto, Maschera, pongono l'osservatore dinnanzi alla "verità" dell'inscindibile frattura che costituisce il soggetto, dell'alterità che alberga in ogni essere umano, dell'illusione di coerenza, staticità e integrità dell'io, offrendo chiavi di riconciliazione trasformativa con la matrice generativa indifferenziata dalla quale l'io è faticosamente emerso, attraverso un processo di "mutilazione culturale" del molteplice, del possibile.
Le opere di Sperya hanno infatti quella medesima qualità che l'antropologo francese Claude Levi-Strauss attribuiva al mito: la capacità di conciliare per via simbolica quelle contraddizioni dell'esistenza umana che non possono essere mediate da alcuna forma di dialettica razionale.


"OLTRE L'EGO" ("PERCEZIONI DEL POSSIBILE")

"Ci sono punti in cui una trasformazione non può più procedere linearmente,
ma occorre un cambiamento catastrofico della struttura
e la genesi di una nuova forma"
(René Thom)


Mentre al centro di "Ricordi da un Mondo Lontano" sta l'ombra dell'Io, uno Io già costituitosi, in costante rapporto con una realtà invisibile, che si rifiuta di riconoscere e che al contempo lo condiziona e costituisce, in "Percezioni del Possibile" le opere di Sperya si rivolgono all'Uno, che esiste ed è, nel suo costante e ciclico mutare e divenire. E' possibile qui osservare un movimento ascendente che conduce dalla molteplice variabilità delle forme all'"uniqum" generante dal quale le medesime forme si sono prodotte, e al quale appartengono. Opere come Condensazione, Maya, Soggetto-Oggetto, Antropocentrismo, smascherano il carattere finzionale e la contingenza culturale e storica tanto dell'Io, quanto delle categorie classificatorie che hanno "dualizzato" il cosmo.
Cielo/Terra, Uomo/Natura, Bene/Male, Io/Tu, Affermazione/Negazione, risultano prodotti di una "mentalità umana" che ha la necessità di cristallizzare il flusso, e negare la realtà del mutamento, per conferire un senso intellegibile al Tutto.
L'estetica speryana trova qui ispirazione concettuale nella filosofia taoista, che riesce ad essere esplicitata in tutta la sua forza espressiva attraverso una tecnica, la matematica frattale, "invenzione" sofisticata di un'umanità "scientifica" e "positivista", apparentemente agli antipodi rispetto all'antica società cinese nell'ambito della quale ebbe a nascere il Tao. Proprio questa giustapposizione paradossale: matematica frattale/Taoismo sembra dimostrare ulteriormente l'immutabilità del divenire ciclico e l'universalità della "verità" che Jeannette ci consente di contemplare. Il mutevole divenire che il Tutto sottende, proprio in quanto verità universale, può evidenziarsi infatti identico a sè stesso in epoche storiche, e attraverso strumentazioni intellettuali ed espressive, apparentemente inconciliabili.
Dinnanzi allo sgretolarsi delle umane illusioni classificatorie, l'arte di Sperya offre qui come risposta la non-azione, "il digiuno e il silenzio della mente", l'accettazione del "decreto celeste" intesa come capacità di accettare le leggi del divenire, abbandonando gli ingannatori affanni del mondo per lasciarsi agire armoniosamente dal (e col) Tutto.


L'ARTE DI SPERYA NON È PIÙ DI JEANNETTE: L'EMANCIPAZIONE DALLA "MENTE" (E DALL'IO)

"Dalla profondità e dal silenzio del Centro
si dipanano anelli su cui disponiamo il Mondo.
Periferie del nostro Essere"
(Descrizione creativa dell'opera "Il Centro", 2009,
Jeannette Rütsche - Sperya )


Con il traguardo di "Oltre l'Ego" l'arte di Sperya si svincola dall'umana intenzionalità dell'autrice per ricongiungersi(-ci) all'Uno. Lo stesso processo creativo di produzione viene descritto da Jeannette ormai come totalmente autonomo, e indipendente dalla sua volontà. Gli "oggetti speryani" si manifestano spontaneamente usando l'artista come veicolo umano di "traduzione".
Le sue opere ci offrono così l'opportunità di contemplare la "sostanza magmatica" che si staglia al di là delle forme, di disvelare l'inganno percettivo al quale erano costretti i prigionieri della caverna platonica, di "vedere" il sole stesso senza rimanere accecati, consentendoci l'esperienza "spirituale" di partecipare con maggiore consapevolezza esistenziale al sempiterno flusso mutevole, di cui siamo già inconsapevolmente protagonisti.


Giuseppe Bolotta
(Psicologo Clinico, Antropologo)

Immagini pubblicate in questo sito © Jeannette Rütsche - Sperya, Milano
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